“Come ti chiami?”.
“Gigi”.
“Guardami negli occhi Gigi: adesso seguimi, fidati e stai tranquillo: c’è una bellezza che ci aspetta”.
Questa, grosso modo, la mia conversazione con Faustino Pedretti, un imprenditore-alpino di Pinzolo, il 15 luglio del 2001. Dovete immaginare la scena: ero un giovane pieno di energia. Mi avevano convinto, nonostante non fossi un grande amante della montagna, a partecipare ad una spedizione rivolta ai giovani di tutta Italia che partiva da Carisolo e che sarebbe arrivata alla Cresta Croce (3.226 metri!) sul massiccio del Monte Adamello. Non solo ero stato solamente una volta in montagna (a Camaldoli), ma ero anche totalmente impreparato a livello di equipaggiamento: pantaloncini, kway e scarpe da basket.
Partimmo verso le due del pomeriggio da Carisolo per raggiungere il rifugio del Mandrone, prima tappa di questa avventura. Alla partenza c’era un sole caldo, appena mezz’ora dopo il cielo iniziò a diventare nero. A metà strada, cominciò a piovere. Proprio in quel momento, zuppo di pioggia e con i fulmini che ci cadevano a poche decine di metri, ho avuto una crisi di quelle brutte. Mi veniva da vomitare. Ero bagnato fradicio, sentivo freddo e credevo di morire. E mentre le gambe non riuscivano più ad andare avanti e la testa era ormai in tilt, mi sono bloccato. Piangevo, ripetendo: “Chi me lo ha fatto fare”. Avevo paura di un infarto, di una congestione. Credevo di morire. La testa, “la pazza di casa”, non rispondeva più, andava per conto suo. Ed è lì che è apparso dal nulla Faustino che, insieme ad altri alpini faceva il servizio “ramazza”, aiutava, cioè chi era rimasto indietro.
“Come ti chiami?”.
“Gigi”.
“Guardami negli occhi Gigi: adesso seguimi, fidati e stai tranquillo: c’è una bellezza che ci aspetta”.
Da quel momento, non senza difficoltà, la mia stanchezza ha avuto un senso: avevo una bellezza da conquistare. La leadership è un po’ questa: generare fiducia e mostrare la strada in funzione non solo di un interesse particolare, quanto (e soprattutto) di un bene più grande. Lì ho compreso che non è una questione di potere o di ruolo, ma di attrazione. Puoi essere il Ceo più potente dell’azienda più importante in Italia, puoi avere milioni di leve economiche per convincere i tuoi dipendenti a raggiungere i risultati che vuoi, puoi essere il leader più empatico del mondo e aver fatto i corsi più qualificanti e motivanti in assoluto, ma se non riesci ad affascinare chi ti segue con la promessa di una bellezza non ti servirà a nulla. Io non ho seguito Faustino per obbedienza. I nostri figli non ci seguono per l’insistenza con cui gli ripetiamo le cose. I nostri dipendenti non ci seguiranno per il nostro ruolo o per il nostro potere. Tutti ci muoviamo per “una bellezza che ci aspetta”.
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